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La forza Liberatrice della Luna “Ciaula scopre la Luna” (L. Pirandello)

“Eccola, eccola là, eccola là, la Luna…….. C’era la Luna! La Luna! E Ciaula si mise a piangere senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva nell’averla scoperta, là mentr’ella saliva pel cielo, la Luna col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava , ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura né si sentiva più stanco nella notte ora piena del suo splendore” Ciaula è un “caruso”, un fanciullo che lavora in una miniera di zolfo, sfruttato e maltrattato da tutti, un essere derelitto e indifeso che sopravvive in una condizione alienata e distorta, nelle buie visceri della terra, isolato dal mondo e dalla vita.

Una notte la scoperta improvvisa della meravigliosa luce lunare lo commuove fino al pianto. Incantato e affascinato da quel dolce chiarore  che bagnava la terra addormentata, si commuove come ad una presenza di sacralità femminile, vicina e lontana insieme, che fosse giunta a visitare l’oscurità della notte per regalargli una rinascita spirituale.  Con il suo misterioso silenzio scendeva consolatrice, capace di restituirlo ad un equilibrio interiore e a riscattarlo dalla sua dimensione abbrutita dalla negatività di un’esistenza altrimenti votata all’inconsapevolezza e al male di vivere. L’esperienza di Ciaula diventa, pertanto, emblematica di un momento epifanico quando la verità si rivela, aggallando dal profondo, per un’evasione dallo stritolante dolore esistenziale verso mete siderali ,  momentanee trasgressioni liberatrici.

Immagine della luna tratta dall'archivio Zero - G

In certi momenti di silenzio interiore, difatti, quando l’anima si spoglia delle scorie di una vita “dissugata”, senza occhi e senza cuore, priva di senso e priva di scopo, la contemplazione di una bellezza superiore ci ricorda che la misura umana è l’universale e l’unica fuga intelligente possibile è quella verso l’equilibrio, l’armonia, il bello . La vita, allora, che normalmente appare piccola in una incomprensibile fantasmagoria meccanica, annullata da una sorte di anestesia  del cuore, riacquista la sua forza e resiste alla disumanizzazione  riscoprendo nella dimensione contemplativa del sentimento una duratura difesa dal male di vivere.

E così come Lucio, nelle “Metamorfosi” di Apuleio e  ciascuno di noi, piccoli Ciaula, nei meandri di un’esistenza a rischio di precipitare nel non senso potrebbe invocare:

“Tu Luna che con la tua femminile luce rischiari ovunque la città e con il tuo rugiadoso splendore alimenti la rigogliosa semente e con le tue solite peregrinazioni spandi il tuo incerto chiarore ……..nell’ora delle estreme tribolazioni, rinsalda la mia afflitta fortuna, dammi pace e riposo” Tu Luna “ ista luce feminea conlustrans cuncta moenia et udis ignibus nutriens laeta semina et solis ambagibus dispensas incerta lumina tu meis iam nunc extremis ae-rumnis subsiste, tu fortunam conlapsam adfirma, tu saevis exanclatis casibus pausam pacem tribue.”

(Apuleio Metamorfosi XI, 2).

A cura della

Prof.ssa Antonella Botti

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